Il dolore del trigemino
Capire il dolore del trigemino
Tutto ti si chiude intorno e nel tuo cervello c’è solo il dolore ! Mi guardano: “Possibile che non riesci a controllarti ? “ – “Non posso fare niente, impazzisco, dammi ancora qualcosa, il Tegretol una volta me lo fermava, dammene un’altra compressa! Perché soffro così tanto?” È il dolore del trigemino
Noi intorno non lo sappiamo, non capiamo! La nostra mente cancella il ricordo del dolore e quella smorfia di sofferenza che vediamo sul suo viso fa risuonare sgomento nel nostro cervello, ma non riusciamo a immaginare quanto grande sia il suo dolore. Proviamo a capire: dove ti fa male? E seguiamo il dito che indica un punto del volto mentre le labbra restano immobili contratte in una smorfia.
Il dolore del trigemino ruba i pensieri e sequestra il tempo di chi soffre. Corre sul volto, verso il mento, il naso o l’occhio lungo una delle tre branche, o diffonde sul viso, spesso verso l’alto, talora verso il basso. Da un punto di partenza che non vuole nemmeno essere sfiorato, non vuole un alito di vento né una carezza. Lo chiamano punto trigger e fa scattare il dolore nei momenti di calma o provoca ondate di nuova sofferenza su di un dolore che si va acquietando.
Cos’è il trigemino
Il “trigemino“ è uno dei 12 nervi cranici, il quinto, il più importante per la sensibilità del viso. Infatti con le sue tre branche si dirige verso la parte alta media e bassa del viso come nelle immagini. Le tre branche sono dette anche V1, V2 e V3 o prima, seconda e terza branca del nervo trigemino. Quando il nervo soffre si parla di nevralgia del trigemino anche se nel linguaggio comune spesso si dice “Ho il trigemino”. Tutti abbiamo il trigemino! Per fortuna pochi hanno il trigemino che soffre. Quando il trigemino soffre porta dolore e si parla di nevralgia del trigemino!
Anatomia
Il trigemino origina da una parte dell’encefalo detta “Ponte” nella parte posteriore del cranio, quindi si dirige in avanti con un tronco unico, fino al Ganglio di Gasser. Questo ha la forma di una semi-luna ed è anche indicato col nome di Ganglio Semilunare. Dalla semi-luna, poggiata su una parte del cranio detta rocca petrosa, nell’incisura semilunare, emergono tre rami: la branca oftalmica (V1), la branca mascellare (V2), e la branca mandibolare V3). Esse raggiungono la superficie ossea, sul volto, ed innervano intorno all’occhio, di lato al naso, fino al labbro superiore, ed infine, per quel che riguarda la terza branca, il mento ed il labbro inferiore con la lingua. Alcune delle fibre del trigemino servono a muovere il muscolo massetere. Si parla di radice motoria che è inglobata nella 3ª branca e contribuisce ai movimenti di masticazione.
Le cause
Si può schematizzare dicendo che la malattia, detta nevralgia trigeminale essenziale, è legata ad un malfunzionamento del nervo ed è raro che questo intervenga prima dei cinquant’anni. Ciò fa pensare che il trigemino “invecchiato” negli anni abbia perso parte della sua efficienza e capacità adattativa. In queste circostanze il contatto con un vaso, quasi sempre un’ arteria normalmente presente nel cervello a poca distanza dal nervo, causa la sofferenza delle fibre nervose del trigemino. Il dolore deriva perciò dall’alterazione delle fibre del trigemino che rispondono male alla sollecitazione dell’arteria. La risonanza magnetica non sempre riesce a dimostrare il contatto patologico del nervo con il vaso e va comunque eseguita secondo modalità particolari, a tagli sottili e con metodiche adatte ad evidenziare il nervo.
Bisogna considerare 2 casi particolari. Nel 1º caso la nevralgia del trigemino si associa ad 1 malattia demielinizzante del sistema nervoso, la sclerosi multipla, ed è in genere trattabile come la nevralgia trigeminale essenziale, ma non risponde altrettanto bene alla micro-decompressione vascolare. Nel 2º caso la nevralgia trigeminale esprime un disturbo più complesso legato alla crescita di un tumore. Si tratta di casi più rari ed in genere identificabili con un appropriato esame clinico e confermati con la risonanza magnetica.
Come si manifesta la nevralgia del trigemino
Originariamente il dolore comincia in modo subdolo: spesso piccole scosse, talora discrete, altre volte intense già dall’inizio, che si ripresentano ma poi improvvisamente scompaiono. In questa fase ci si chiede cosa stia succedendo, spesso viene consultato il dentista e talora si segue la strada di una falsa diagnosi. Con il tempo i sintomi diventano più intensi ed insistenti. Quando la nevralgia è conclamata nelle sue manifestazioni, l’espressione del viso si deforma ed il paziente tende a muovere poco i muscoli del volto ed in particolare della bocca per paura di scatenare il dolore. Beve e mangia con difficoltà, ha paura di radersi, di lavarsi i denti, e quando esce copre spesso il volto. Sia il caldo che il freddo possono scatenare il dolore.
La maggior parte dei pazienti accusa dolore accessionale, mentre altri pazienti lamentano dolore di fondo su cui s’innestano i dolori accessionali, le “scariche elettriche”. Per di più il trattamento farmacologico maschera le manifestazioni tipiche del dolore e quindi si richiede un’anamnesi accurata ed esperienza clinica per la diagnosi. Infatti la diagnosi al momento è “solo” clinica !
La terapia farmacologica iniziale e gli effetti a lungo termine
In questa fase la terapia farmacologica da quasi sempre dei buoni risultati e controlla il dolore quasi nella totalità dei casi. Il farmaco di 1ª scelta rimane la Carbamazepina. All’inizio viene usato in piccole dosi ed assicura il controllo completo del dolore. Col tempo dosaggi anche più alti o associazioni di farmaci risultano inefficaci. Per di più gli effetti collaterali del farmaco si manifestano con sopore, torpore e rallentamento motorio ed ideativo. Ugualmente bisogna considerare le interferenze del farmaco sul sistema emopoietico, con contrazione della conta dei globuli rossi ed alterazione della funzionalità epatica. Altri farmaci della stessa famiglia, cioè gli antiepilettici, hanno effetti collaterali simili e spesso una minore efficacia. La morfina e farmaci simili non sono di grande utilità.
Terapie alternative
Talora, quasi sempre nelle fasi iniziali delle manifestazioni dolorose, possono risultare di una qualche efficacia l’agopuntura e le infiltrazioni locali. Recentemente, vengono usate anche l’infiltrazione di tossina botulinica. In genere non si tratta di una terapia soddisfacente per cui si arriverà a considerare metodiche più aggressive.
La terapia chirurgica
Poiché la terapia farmacologica riesce solo raramente a mantenere un controllo completo del dolore senza effetti collaterali, si pone spesso il problema di una terapia chirurgica. Le opzioni sono fondamentalmente di 3 tipi:
- chirurgia percutanea “mininvasiva”
- radio chirurgia;
- decompressione microvascolare.
Talora si può ricorrere all’avulsione delle branche periferiche del nervo, metodica poco praticata. Il “taglio del nervo” come istintivamente viene chiesto da molti pazienti non è praticabile e comunque provocherebbe maggiori dolori.
Chirurgia percutanea mininvasiva
La chirurgia percutanea mininvasiva si pratica con un ago o un ago cannula e, si badi bene, non corrisponde ad un’ infiltrazione. L’ago o l’ago cannula deve raggiungere attraverso il forame ovale alla base del cranio, nella profondità del fornice gengivale, di lato alla gola, il ganglio di Gasser. Una volta raggiunto il bersaglio bisognerà distruggere le fibre e le cellule del ganglio connesse con la trasmissione degli impulsi dolorosi. È da notare che cellule e fibre qui presenti sono schematicamente di 2 tipi: quelle connesse alla trasmissione del dolore, piccole con scarsa mielina, e quelle per la sensibilità che regola la percezione discriminativa del mondo esterno e la posizione delle parti del volto e della bocca. Idealmente queste metodiche dovrebbero distruggere solo le fibre e le cellule del ganglio di Gasser connesse con la trasmissione del dolore. In pratica ciò non è sempre possibile e c’è da aspettarsi un certo grado di compromissione della sensibilità cutanea e mucosa superficiale.
La rizolisi glicerolica, da non confondersi con l’alcolizzazione del nervo, comporta il deposito di glicerolo nel ganglio di Gasser. Si tratta dell’analogo liquido della glicerina, una sostanza molto delicata. Il suo effetto sulle fibre del nervo è stato scoperto per caso cercando di visualizzare radiologicamente il ganglio di Gasser. La rizolisi glicerolica è la procedura meglio tollerata tra tutte le metodiche percutanee e viene praticata in anestesia locale, col paziente sveglio.
La rizolisi a radiofrequenza è la 2ª delle metodiche percutanee. Richiede un grado di sedazione più marcato e si basa sull’uso della radiofrequenza per riscaldare la punta dell’ ago all’interno del ganglio di Gasser. E più distruttiva rispetto al glicerolo ed è più facile che persistano delle parestesie (alterazioni sensitive della cute). Di solito l’ago viene portato ad 80-85° per 60 secondi. Una variante è la rizolisi a radiofrequenza pulsata, che viene eseguita a 42° centigradi per 90 o 120 secondi.
La “microcompressione con palloncino” è la 3ª delle metodiche percutanee. Un micro catetere viene inserito attraverso un ago cannula e gonfiato per pochi minuti, in genere con 0,75 ml di contrasto per 60-90 secondi. È la più traumatica delle procedure percutanee e spesso viene eseguita in anestesia generale.
I risultati prodotti con queste 3 tecniche sono molto simili tra di loro con una percentuale di successo che può arrivare al 90% ed oltre nelle prime settimane e cala intorno al 53% a 5 anni di distanza (su 100 pazienti operati, 53 sono senza dolore e senza farmaci dopo 5 anni). È da notare però che questa percentuale tende ad assottigliarsi col tempo. È quasi sempre necessario ripetere la procedura o, se ci sono i presupposti, considerare la micro decompressione vascolare.
La radiochirurgia
La radiochirurgia viene effettuata con gli apparecchi radio-terapici stereotassici o con la Gamma-Knife e consiste nel danneggiamento delle fibre e cellule nervose anche oltre il ganglio di Gasser per mezzo delle radiazioni. I risultati sono simili a quelli riportati per le metodiche percutanee ma non ci sono statistiche di lungo periodo.
La micro decompressione vascolare
È questa la metodica che assicura la maggiore percentuale di successo, prossima all’80% con scarsa incidenza di ricadute nel corso della vita. Il ritorno del dolore è ancora possibile, ma più raramente.
Spesso viene confusa con la “microcompressione”, percutanea con palloncino. La micro decompressione vascolare può essere eseguita solo in un modo, cioè aprendo un accesso cranico, dietro l’orecchio e raggiungendo in profondità, mediante microscopio, raramente endoscopio, il nervo alterato ed allontanare da esso elementi di disturbo. Quasi sempre l’elemento di disturbo è rappresentato da un vaso che battendo sul nervo ne provoca le scariche dolorose. Tra il vaso ed il nervo viene perciò interposto un “cuscinetto” di surgicel, Teflon, o altro materiale.
Conclusioni
È importante arrivare alla diagnosi e cura la nevralgia del trigemino il più presto possibile. Probabilmente questo aumenta la possibilità di controllo della malattia. La metodica migliore è al momento la micro decompressione vascolare. Nelle persone anziane, o comunque in chi vuol guadagnare tempo e controllare il dolore in attesa di tempi migliori, le metodiche percutanee rappresentano una valida alternativa. La radiochirurgia rappresenta una delle possibilità alternative ma bisogna sapere che non offre maggiori garanzie di successo ed è comunque classificata tra le tecniche lesive.
Si noti che questo articolo è solo illustrativo e divulgativo. Le considerazioni di tipo medico, la diagnosi e la scelta del trattamento terapeutico vanno effettuati solo dal medico.